Un mio amico, che normalmente frequenta la chiesa della Madonna della Consolazione del nostro cimitero, m’ha confidato che qualche settimana fa è entrato nel duomo di una città del Veneto mentre teneva l’omelia il vescovo del luogo. Mi diceva di essere rimasto deluso per il sermone pieno di luoghi comuni, ma soprattutto poco incidente e stimolante.
Io sento, ormai da decenni, una grossa preoccupazione nei riguardi del ceto sacerdotale. Temo che il frequentare quasi solamente gente di Chiesa, che parla con un certo gergo, che si nutre di una cultura che non si confronta quasi mai con quella che permea il pensiero della nostra società, che non legge i romanzi e i giornali che formano la mentalità dell’uomo della strada, che non frequenta i cosiddetti “lontani”, finisce col farsi un’idea erronea dell’uomo di oggi, quando gli si parli con un linguaggio che a lui non è più familiare, linguaggio che è compreso solamente da uno sparuto numero di persone che sono, tutto sommato, emarginate nella nostra società, così da non essere più un campione dell’umanità che popola il mondo di oggi.
Mi è capitato di parlare una decina di anni fa, con un prete che aveva una grossa responsabilità come educatore nella nostra diocesi, il quale, nel suo discorso, parlava e dava risposte ad un tipo di uomo che non era del mondo di oggi ma quello di san Tommaso di molti secoli fa. Io tentavo di dirgli: «Guarda che l’uomo di san Tommaso non esiste più. Quello rappresentava un anello nella specie umana in costante evoluzione, esso può interessare gli archeologi, ma non gli educatori e i sacerdoti di oggi!». Non ci capimmo, credo che abbia continuato a tentare di formare l’uomo conosciuto dalle pagine ingiallite della scolastica.
Io non sono in grado di dire se l’uomo di oggi sia meglio o peggio di quello dei tempi passati, comunque sono certo che l’uomo di oggi ha una sensibilità, capisce certi discorsi, rimane estraneo e indifferente ad altri, avverte certi problemi, parla e capisce una lingua nuova, quella di oggi. A quest’uomo dobbiamo tentare di parlare, di passargli valori, di aprirgli orizzonti, di donargli pace, e per far questo non possiamo non immergerci nel mondo di oggi, buono o cattivo che sia; altrimenti ci parliamo addosso e l’ostacolo tra noi e lui diventa la muraglia cinese.