Ancora sulle domande esistenziali e l’assenza di iniziativa dei sacerdoti

Qualche tempo fa una persona che s’è definita agnostica (significato letterale del termine: non conoscenza e significato sostanziale; persona che, pur interrogandosi, non arriva ad affermare o a negare una verità che viene invece affermata dalla maggioranza della gente) mi ha scritto per criticare certe mie nette prese di posizione nei riguardi di certi atei militanti che irridono alla fede dei credenti.

E’ vero. Io sono stato molto duro verso certe persone che, avvalendosi della loro cultura e della loro intelligenza, mettono in crisi persone semplici del popolo che hanno come quasi unico supporto nelle difficoltà della vita, la fede in Dio e la speranza di una giustizia divina, perché in questo mondo capiscono che non saranno sempre soccombenti.

Capisco che nelle università o nei circoli di cultura si dibattano le tematiche che riguardano la vita, Dio e l’aldilà, ma togliere la fede e la speranza dal cuore dei semplici credo sia un vero sacrilegio. Sono stato ben contento di pubblicare sul numero de “L’incontro” di due settimane fa la presa di posizione, netta ed autorevole, di un teologo-giornalista che tacita, con argomentazioni stringenti, la sicumera saccente ed arrogante di quelle persone che guardano sempre dall’alto in basso i credenti, quasi che i primi fossero i nuovi piccoli padreterni.

Tutto questo non libera anche le persone più umili dal porsi delle domande e arrivare a delle risposte che, almeno per loro, siano convincenti. San Pietro invita i discepoli di Gesù ad essere sempre pronti “a rendere ragione della loro speranza”.

Oggi l’aggiornarsi mediante una sana lettura ed una riflessione personale adoperando il “buon senso”, credo possa farci arrivare a delle conclusioni che facciano da supporto alla nostra fede. Bisogna però porsele queste domande!

Ricordo l’argomentazione di un vecchio padre carmelitano il quale diceva: «Se io domando a una qualsiasi persona che sta camminando per strada “dove stai andando?” di certo costui è in grado di darmi una risposta. E perché, se io faccio la stessa domanda nei riguardi della vita, questi non dovrebbe essere in grado di dare ancora una risposta?»

Oggi però credo che noi sacerdoti dobbiamo stimolare un po’ di più questa ricerca, invece vedo poco in giro a questo proposito. Proprio in questi giorni mi è capitato in mano un opuscoletto edito da don Emilio Torta, parroco di Dese, attraverso il quale, quasi tenendo per mano i suoi parrocchiani, con delle bellissime immagini e delle semplici frasi, li conduce a darsi una risposta sul grande problema del perché della vita. Spero che questi sussidi si moltiplichino nelle nostre parrocchie che, purtroppo, danno spesso tutto per scontato.

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