Il fatto che il Papa venga a Venezia mi fa molto felice, come credo che faccia felici tutti coloro che credono, per fede, che egli è il successore degli apostoli. L’apparato ecclesiastico sta facendo grandi preparativi per accoglierlo come si conviene. A questa gioia delle genti venete per la venuta del vicario di Cristo, secondo me si aggiunge anche molta “tenerezza” (mi si perdoni il termine che non vuol essere minimamente irrispettoso, ma vuole esprimere tutta la mia comprensione nel vederlo così fragile, indifeso e smarrito).
Il Papa, mi pare, abbia un paio di anni più di me e perciò posso ben comprendere il costo “delle chiavi così pesanti” e la fatica di tenere il timone della barca di Pietro in un mare per nulla tranquillo.
Qualche giorno fa leggevo, negli Atti degli Apostoli, l’attesa trepida con cui la prima comunità cristiana di Roma aspettò il vecchio apostolo Giovanni e l’emozione profonda con cui ha ascoltato la sua parola: “Figlioli, vogliatevi bene!” e poi ancora “Amatevi gli uni gli altri!” Spero che le nostre comunità e chi le guida non facciano di questo evento un qualcosa di portentoso, un qualcosa da cui possa derivare un non so qual miracolo di rinnovamento. Le parole che mi attendo dalle labbra e dal cuore di Papa Benedetto sono queste antiche e stupende parole che sono sempre nuove e sempre belle perché sono la vera ricchezza della nostra Chiesa.
Anche noi del “don Vecchi” abbiamo dato con prontezza e con letizia il nostro piccolo contributo per la festa della venuta del Papa tra noi, ma soprattutto gli doneremo idealmente i nuovi alloggi per gli anziani poveri della nostra città. Siamo certi, che lo venga a sapere o meno, che questo sarà il dono più gradito ed apprezzato dal Santo Padre, dono che ricompenserà la sua fatica e che farà felice il suo cuore di padre.