La mia lettura della vita di don Olindo Marella, il santo prete dell’isola di Pellestrina, tanto ammirato da Indro Montanelli, procede abbastanza veloce e sempre più appassionata. Mai avrei immaginato che questo concittadino della nostra laguna avesse una personalità così decisa, una carità senza limiti ed una fede così forte da reggere di fronte all’ottusità di certi comparti dell’apparato ecclesiastico che si sono accaniti nei suoi riguardi.
I cenni veloci del principe del giornalismo italiano su questo prete avevano creato in me una immagine bella, ma un po’ patetica, tanto che nella mia fantasia s’era formata l’immagine di un prete vecchiotto e molto pio che stendeva la mano all’angolo delle strette strade del paesino lagunare, elemosinando per poter pagare il latte e il pane ai suoi assistiti. Don Marella fu invece molto, molto di più, è stato un innovatore, un don Milani in anticipo. Promuovendo la culturazione per ragazzi ed adulti, fu una presenza attiva e coinvolgente nella scuola pubblica, un promotore di iniziative solidali di tutto rispetto, anticipando pure in questo campo il progetto di Nomadelfia (la città dei fratelli) di don Zeno Saltini, un realizzatore della città dei ragazzi, ben prima delle iniziative similari sorte dopo l’ultima guerra mondiale.
Don Marella fu un prete “libero e fedele”, come poi è stato don Primo Mazzolari, un prete che amò la Chiesa e vi rimase dentro nonostante che certi membri dell’apparato ecclesiastico, infastiditi forse per la radicalità evangelica di questo sacerdote da Vangelo, l’abbiano umiliato nella sua dignità di uomo e di credente.
Incontrare preti del genere, anche se solo tra le pagine di una modesta biografia, è una fortuna ed una grazia che ti sprona all’autenticità e all’impegno. Io mi reputo ben fortunato d’aver incontrato, seppur nella tarda età, un prete del genere che riesce a ringiovanire il mio sacerdozio.