Oggi ho celebrato il funerale di un mio vecchio parrocchiano, un insegnante di matematica e di fisica morto improvvisamente. La moglie e i figli vollero, concordi e determinati, che fosse il loro vecchio prete, che per una quarantina di volte aveva visitato la loro casa, che aveva avuto un dialogo aperto e cordiale con loro ed era stato vicino a questa famiglia in tutti i momenti “nodali” della sua storia, a celebrare il commiato.
Sono stato contento di questa scelta e di aver potuto accogliere nella mia povera chiesa con tanta cordialità, il capofamiglia partito improvvisamente ed in maniera tanto imprevista.
La moglie mi aveva detto che ci sarebbe stata tanta gente, io però non me ne ero preoccupato, abituato come sono a celebrare funerali con presenze tanto sparute. La chiesa invece s’è riempita come mai l’avevo vista, tanto gremita che tanta gente ha partecipato al funerale fuori dalla porta, benché all’interno ci sia posto per almeno 300 persone.
Il defunto non era un parrocchiano molto coinvolto nella vita parrocchiale, né penso abbia avuto alcuna militanza politica, né che partecipasse a salotti o facesse vita pubblica; egli aveva trascorso la vita a fare l’insegnante di matematica e fisica, due materie che normalmente non incantano e fanno sognare. Il professore a cui ho dato l’ultimo saluto era un ottimo insegnante, preparato, serio, appassionato del suo lavoro, coerente e grande lavoratore. Non mi era parso che la città si fosse accorta di questo cittadino serio ed impegnato e forse mai abbia riconosciuto il suo valore e il suo positivo apporto alla vita della comunità.
Ricordai una immagine che monsignor Vecchi adoperava talvolta: “Quando uno entra in un edificio cerca la pietra di pregio, i capitelli lavorati, quasi mai si ricorda dei mattoni nascosti dall’intonaco, che sono quelli che sostengono l’edificio”.
Il professor Carlo D’Amato è stato nella nostra città una di quelle pietre umili, ma consistenti e forti e ha certamente contribuito al bene della nostra città; senza uomini del genere sarebbe impossibile capire come, nonostante l’infinita miseria descritta dai giornali, la nostra società continui a stare in piedi.