Mio padre era un falegname generico, come si soleva un tempo; era capace di costruire una capriata di un tetto, come fare una finestra, costruire una bara da morto o dar vita ad un mobile. Io sono cresciuto in bottega tra la segatura e i trucioli e perciò m’era familiare il lavoro di mio padre, però quello che attirava maggiormente la mia attenzione era il modo veloce e deciso con cui papà piantava i chiodi. Quando si trattava di inchiodare le doghe dei balconi sembrava che s’impegnasse con ebbrezza ed accanimento in questa operazione.
Forse mi viene da mio padre il bisogno di ribadire certi concetti, di accanirmi nel proporre certe verità quasi ne provassi una soddisfazione profonda ed un’ebbrezza interiore. Durante lo scorso avvento m’è capitato di rileggere e riflettere quel passo del Vangelo in cui Giovanni manda a chiedere a Gesù: «Sei tu il Messia che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» Gesù risponde: «Riferite quello che vedete: gli zoppi camminano, i vecchi vedono, i sordi ascoltano e ai poveri è annunciato il Regno!»
Questo discorso di Cristo è per me inebriante perché mi riconferma che Cristo è venuto e si fa riconoscere quale figlio di Dio dal suo impegnarsi totalmente per l’uomo. Gesù propone, come elemento di salvezza, la volontà del Padre, non riti, formule o preghiere, ma solidarietà concreta all’uomo, soprattutto all’uomo più bisognoso! Di qui la mia decisione e l’ebbrezza di ribattere con decisione e ripetutamente il chiodo che la nostra religiosità deve naturalmente sfociare nella solidarietà. Il resto arrischia di diventare magia o evasione dalla storia, dalla vita e dalla fede.
La mia decisione nel riproporre questa verità è così convinta che non mi stanco di ribadire questo concetto di fondo, né mi rassegno a smettere, anche se mi accorgo che questo chiodo fatica ad entrare!