Nota della redazione: come tutti, questo appunto di don Armando è stato scritto diverso tempo fa su un foglio di carta, prima della pubblicazione del “Diario 2009” che è in effetti già disponibile.
La mia “scoperta” di parlare alla gente mediante “il diario” è piuttosto datata. Sono più di trent’anni che ho compreso che mi è più congeniale trasmettere intuizioni, messaggi o critiche mediante lo strumento agile, non impegnativo del diario, piuttosto che mediante un “editoriale” o un “saggio” benché breve e senza pretese.
Constatando, in questi ultimi mesi, che il mio riflettere “ad alta voce” diventa sempre più prolisso, sono entrato in crisi.
Il mio tipografo, che sta curando la stampa del “Diario di un vecchio prete” del 2009, mi ha avvertito, preoccupato, che alle 300 pagine del diario 2008, si sono aggiunte, nell’edizione del 2009, altre trenta, quaranta pagine. Il signor Novello, che con pazienza certosina e perizia infinita sta stampando l’ultimo volume, non era preoccupato di certo per il fatto che le mie osservazioni sulla vita fossero diventate sempre più prolisse, ma solamente perché i mezzi tecnici ultra-artigianali della tipografia di cui disponiamo, faticano a sopportare un tale numero di pagine.
Io però mi sono messo in posizione di allerta e di autocritica per questo sforamento. Sono andato a rivedere il “diario” di trent’anni fa ed ho constatato che i “giorni” mai superavano le 10-15 righe; però c’era uno stile frizzante ed arguto, una concisione tale per cui ogni volta il messaggio era racchiuso come in un piccolo brillante che destava perlomeno curiosità.
Ho fatto perciò un proposito immediato e risoluto: voglio stringere per lasciare posto agli altri! E’ bene che i vecchi parlino meno, e sempre lo facciano con ponderatezza e sapienza. Non ritengo giusto non “dire la mia”, ognuno deve mettere la sua tessera, anche se è povera e grigia, nel mosaico della vita, ma solamente la tessera, quella che lui ha scoperto nel cuore della sua coscienza!