Un rischio per Comunione e Liberazione

Ancora una volta il Meeting di primo autunno di Comunione e Liberazione a Rimini mi ha favorevolmente sorpreso. La milanese Comunione e Liberazione, come la Comunità romana di Sant’Egidio, non solo sanno imporsi all’attenzione del nostro Paese, ma lambiscono perfino l’Europa.

Anche il movimento neocatacumenale e quello del Rinnovamento dello Spirito, come quello dei Focolari, riescono a reclutare fiumi di giovani e di adulti nei loro tradizionali incontri, ma questi hanno un respiro più intimistico e non parlano sulla lunghezza d’onda della cultura e dell’opinione pubblica, mentre i due primi coinvolgono la società civile e riescono ad inserire in essa, anche se sempre piuttosto laica, il lievito cristiano.

Ho seguito quest’anno Rimini un po’ da lontano, un po’ perché le tematiche trattate volano alto ed un po’ perché un episodio spiacevole con un membro di questo movimento m’ha reso un tantino sospettoso e refrattario.

Comunione e Liberazione oggi rappresenta una “potenza” a livello culturale, politico e pure economico; essa viaggia con dei leaders di molta consistenza sia nei partiti che nel mondo finanziario.

Comunione e Liberazione è ormai diventata una holding che ha imprese e addentellati in tutti i settori della vita del nostro Paese. Questo dato, lo confesso, mi preoccupa un po’; quest’anno a Rimini c’erano ancora tanti giovani e tanti volontari, ma c’era anche presente, forte e visibile, un’organizzazione con il supporto finanziario pur consistente.

Il denaro è un pericolo per la Chiesa come per tutti i movimenti che si rifanno ad essa. Il denaro ha rovinato lo sport, ha massacrato la politica, ha impoverito la cultura ed ora temo che, almeno in parte, sciupi e tolga genuinità e freschezza evangelica anche a questi movimenti emergenti nella Chiesa italiana.

Quando ho osservato le tavole rotonde, le impalcature organizzative, i nuovi protagonisti di Rimini, ho avuto la sensazione che mal si coniugassero con la splendida persona di educatore e fondatore, don Giussani. Spero di sbagliarmi, perché, se ciò fosse, sarebbe di certo l’inizio del declino.

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