Nota della redazione: come tutti, questo appunto di don Armando è stato scritto diverso tempo fa su un foglio di carta. Man mano che i suoi pensieri vengono trascritti al computer li riportiamo in questo suo blog.
Suor Teresa m’ha riferito che pochi minuti fa è morta la Pina. La Pina è una signora più che novantenne che abitava sulla mia “strada”, pochi numeri più in là della mia dimora al “don Vecchi”.
Proprio sabato scorso, durante la messa vespertina, avevo buttato un occhio sulla fila di destra, vicino alla colonna ove era solita mettersi, e avevo notato la sua sedia vuota, ricordandomi che circa una settimana fa l’avevano trovata in terra ai piedi del letto. Probabilmente aveva passato la notte sul pavimento.
La Pina era una vecchina minuta, un grumetto di carne rattrappita, ma dentro c’era ancora un’anima arguta, una volontà di ferro; mi dicono che era stanca e che si sentiva vicina alla fine, però non rinunciava a fare la sua passeggiatina e ad intrattenere figlie, nipoti e generi.
Qualche tempo fa, probabilmente stanca ed affaticata, nonostante fosse una delle residenti più visitate dai parenti, con un guizzo di volontà, volle che la portassero in casa di riposo. Forse aveva nel suo vecchio cuore l’illusione che la casa di riposo fosse un’oasi fresca e felice. Ci rimase un paio di giorni, inorridita dal costo e dal trattamento, ordinando – perché non aveva mai rinunciato al comando – : «Riportatemi a casa mia al don Vecchi». Ci ritornò per morire nel luogo ove era vissuta felice ed amata gli ultimi anni della sua lunga vita.
Ricordo, un paio di anni fa, quando era ancora completamente autonoma, quando mi raccontava della sua casa nel sestiere di Castello. «Mi cadevano i travi addosso, pioveva dentro, temevo che un giorno o l’altro sarei rimasta seppellita sotto le macerie!»
Al “don Vecchi” aveva trovato serenità e vita nuova. Le finestre del suo appartamento, sempre ordinato e pulito, davano sul grande prato verde con, davanti, il lungo filare di oleandri e, più in là, quello di carpini maestosi. Mi disse che si sentiva felice e che era in Paradiso prima del tempo.
Il crollo è stato rapido, pareva che sarebbe tornata fra qualche giorno dall’ospedale, invece la morte la prese dolcemente per mano mentre sognava di tornare. Ma qualche giorno prima di morire, con quella decisione e quella autonomia alle quali non aveva mai rinunciato, mi diede 50 euro per un’azione per il “don Vecchi” di Campalto. Le ricevetti come fossero i due milioni di euro che mi mancano, perché mi han fatto capire ch’era giusto giocarmi ancora una volta per il bene dei nostri vecchi.