L’arte al don Vecchi, un altro frutto dell’insegnamento di mons. Vecchi

Io ho avuto una fortuna, che però sarei propenso di reputare perfino una disgrazia: ho avuto dei maestri intelligenti e preparati che mi hanno educato al bello. Monsignor Vecchi, al tempo del liceo, faceva l’assistente dell’UCAI (Unione cattolica artisti italiani) e a quel tempo Venezia brulicava di pittori ed artisti di gran valore.

Monsignore aveva un debole per l’arte e perciò ne parlava volentieri. Noi studentelli in erba avevamo capito “il debole” del nostro insegnante di filosofia e perciò tentavamo di rallentare il programma “inducendolo in tentazione”, facendogli domande su Cesetti, Carena, Guidi o Carrer… Il nostro peccato di tentatori forse avrà indebolito la nostra conoscenza di Spinosa, Kant, Cartesio, però, fortunatamente, abbiamo acquisito il gusto del bello. Credo che, tutto sommato, la storia della filosofia, con tutte le astruserie dei suoi protagonisti, sia meno interessante della storia dell’arte; la produzione artistica è più facilmente godibile delle trovate filosofiche “Penso, quindi esisto”, “Tutto scorre”, “L’uomo è una monade senza porte o finestre”, “L’uomo è un lupo per gli altri uomini”, e cose del genere!

Questa esperienza esistenziale mi ha portato a preoccuparmi di raccogliere quadri e mobili d’arte, ancor prima che si gettassero le fondamenta del “Don Vecchi” di Campalto. Non mi pare più che i miei concittadini residenti al “Don Vecchi” apprezzino più di tanto i quadri che ornano tutte le pareti della struttura, ma forse per giustificare la mia avidità del bello, voglio illudermi che l’armonia di tante opere pittoriche li renda migliori.

Oggi sono particolarmente felice perché è ritornata dal restauro una tela del `700 inglese, di notevoli dimensioni, rappresentante una scena bucolica. Già sogno la parete bianca ove s’imporrà all’attenzione questo quadro o il comò del seicento fiorentino – seppur molto probabilmente rifatto – che esso andrà a impreziosire.

La vita è fatta anche di queste gioie modeste ed io ne godo quanto mai, sognando che dei poveri vecchi accolgano parenti ed amici in una struttura che molti credono sia ricca e lussuosa. Mi fa felice che della povera gente, almeno si illuda di vivere in una casa nobile e signorile i loro ultimi anni.

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