Quando il 2 ottobre del 2005 sono uscito, nel tardo pomeriggio, dalla chiesa di Carpenedo gremita di fedeli, mi è sembrato di essere un povero diseredato, solo, senza patria e senza famiglia. Mi sono ritrovato tra le mura bianche e solitarie della mia nuova e piccola dimora di meno di 50 mq. con solamente qualche libro, qualche quadro e qualche relitto del mobilio che per tanti anni ha reso calda la mia grande casa di inizio ottocento che da due secoli s’appoggia alla chiesa ed ha ospitato i parroci di Carpenedo.
Ero inoltre lucidamente consapevole che dovevo recidere il più possibile tutti i rapporti con “la sposa” che ormai non era più mia.
Questa separazione è stata molto dura e la sensazione della rottura ideale con la mia gente non è durata qualche giorno o qualche mese, ma ha continuato a farsi sentire per anni.
La nuova piccola comunità che si raccoglieva ogni settimana nella piccola cappella del cimitero era così striminzita che non riusciva a riscaldare il mio cuore abituato alla folla che sette volte ogni domenica riempiva la mia vecchia parrocchia.
D’estate, quando faceva bello, la gente, dispersa tra le tombe, mi riempiva maggiormente l’animo e mi rincuorava, ma poi con le prime brezze autunnali il rimpianto e la nostalgia avevano ancora una volta il sopravvento.
Ora finalmente mi sento padre e pastore di una vera comunità, la chiesa gremita in un ambiente caldo di fraternità, i volti ormai noti e cari, la partecipazione attenta e devota, lo scambio di saluti cordiali mi fanno sentire di poter dare volto e parola al Maestro e le parole e le preghiere sgorgano ora appassionate e fraterne. Ora posso dire d’avere una numerosa splendida comunità con cui camminare con passo lieto e constante verso il Regno. Ogni giorno ed in ogni occasione, ringrazio il Signore di questo grande ed inestimabile dono!