In quest’ultimo tempo ho fatto due esperienze assolutamente contrapposte su quell’attività umana che il vocabolario definisce: lavoro.
Veniamo alle due prime esperienze di lavoro nel quale mi sono imbattuto. La prima: essendo guastato l’impianto di amplificazione sonora della mia “Cattedrale fra i cipressi” sono ricorso ad una ditta del settore.
Penso sia una pìccola azienda formata dal “padrone”, tutto impegnato a reperire lavoro e dal “dipendente” che segue le installazioni e le riparazioni richieste.
Non so se ammirare più il primo che il secondo o viceversa!
Puntualità, disponibilità, competenza, impegno e cortesia!
M’è parso tutto questo un mix veramente meraviglioso, e sorprendente perché non è facile trovarne un altro pari.
Secondo esempio di lavoro, ossia di un impegno serio, competente e generoso: al don Vecchi abbiamo un centro cottura del catering “Serenissima ristorazione” nel quale lavora una cuoca di mezza età, che veramente sarebbe giusto offrirle una croce al merito o il titolo di “maestra del lavoro”. Arriva presto ed ogni giorno cucina dai 150 ai 200 pasti, con una bravura, un senso del dovere, ed una amabilità e generosità pressoché illimitata. Io non l’ho mai sentita lagnarsi, sentirsi vittima e sfruttata dai “padroni”, anzi pare che ci trovi gusto d’accontentare i suoi numerosi clienti diversificando perfino il menù. Credo che la stima l’affetto e la riconoscenza di noi utenti la gratifichi e l’aiuti a lavorare come se andasse a divertirsi.
In contrapposizione a questi esempi purtroppo vengo a conoscenza di “lavoro” apprezzato e sorretto da parte dei sindacati, che avallano i fannulloni, quelli che timbrano il cartellino e poi vanno dal parrucchiere, quelli che pare facciano di tutto perché la loro azienda fallisca, quelli che non accettano uno straordinario per morte a morire, quelli che si nascondono dietro il mansionario e i diritti del lavoratore, quelli che pare siano impegnati a produrre miseria e disoccupazione, quelli che perfino protestano perché altri, “vedi Reggia di Caserta” lavorano troppo!
Da qualche tempo penso che il dizionario dovrebbe descrivere il lavoro serio come attività umana tesa a soddisfare i bisogni e creare benessere, e “il lavoro” concepito dai sindacati e da certi dipendenti dagli enti statali e parastatali che in questo caso potrebbe essere definito: un modo comodo per sbarcare il lunario senza far niente!