Qualcuno, quando saprà che ieri sera mi sono concesso il lusso di vedere su Rai Storia “I Miserabili”, potrebbe pensare che anche questo vecchio prete si lasci andare al divertimento o quantomeno cominci a perdere tempo. Le cose sono andate così. Dopo cena, quando come ogni sera ho acceso il televisore, il film era già cominciato ma ho capito quasi subito che si trattava della versione cinematografica del famoso romanzo di Victor Hugo “I Miserabili”.
Il film era vecchiotto, lento, spesso scontato e di maniera ma l’ho visto ugualmente fino alla fine per due motivi.
Sapevo che il romanzo del grande scrittore, esponente di punta del romanticismo francese, in un primo momento era stato messo all’indice dal Santo Uffizio e, anche se poi era stato riabilitato, mi interessava conoscere il motivo per cui la Chiesa, o meglio certi uomini di chiesa, ne avevano proibito la lettura ai cristiani. Ho seguito il film con attenzione ma non sono riuscito a capire il motivo per cui la Chiesa fosse stata tanto severa dal momento che il messaggio del romanziere francese mi è parso assolutamente positivo e perfettamente in linea con quello di Cristo. Sono arrivato alla conclusione che il protagonista, l’ex ergastolano redento, possa essere additato come un vero cristiano mentre l’ispettore di polizia, che rappresenta la moralità laica, esprime il peggio di un legalismo purtroppo ancora molto presente nella cultura laico-radicale e in certi apparati non solo dello Stato ma anche della Chiesa.
Il secondo motivo, che mi ha trattenuto davanti allo schermo fino a mezzanotte, è stato il desiderio di vedere tutto il film di cui fino a quel momento avevo visto più volte solo il primo tempo. Nella prima parte viene presentato il famosissimo episodio dell’ergastolano in fuga, braccato dalla polizia e accolto con tanta bontà dal santo Vescovo. L’ergastolano nonostante abbia incontrato un uomo di fede e di carità, durante la notte lo deruba dell’argenteria ma quando, riacciuffato dagli sgherri, viene riportato dal Vescovo con la refurtiva questi non solo non lo accusa ma arriva al punto di consegnargli anche il candelabro che a suo dire il ladro si era dimenticato di prendere. La seconda parte del film viaggia sulla stessa linea della prima e mette in luce che nella Chiesa vi sono stati e vi sono ancora “fedeli” formali che della carità cristiana non solo non hanno capito niente ma anzi sembrano perfino irritati con quei cristiani che prendono sul serio il messaggio di Gesù.
Ieri sera, mentre guardavo il film, mi è sembrato che il comportamento, da vero cristiano, dell’ergastolano redento negli ultimi anni della sua vita ben si accordi con il messaggio e con l’esempio di Papa Francesco.