Una delle collaboratrici più dirette nella mia vita di vecchio prete è certamente suor Teresa, suora che appartiene alla minuscola comunità religiosa con la quale le suore di Nevers hanno tentato di tornare alle origini della loro congregazione destinando alla pastorale parrocchiale alcune delle loro consorelle. L’esperimento mi pare sia stato del tutto positivo.
Per almeno vent’anni suor Michela, la più anziana, si è dedicata con grande profitto all’insegnamento del catechismo, alla cura degli anziani e poiché non potevo contare su un sagrestano mi ha aiutato in occasione di funerali, battesimi e matrimoni.
Suor Teresa ha mantenuto economicamente la sua piccola comunità lavorando come infermiera in ospedale ed impegnando tutto il tempo libero con i chierichetti. Ricordo a questo proposito che per vent’anni abbiamo mantenuto il record italiano, e forse mondiale, con i nostri centodieci chierichetti. Si è dedicata anche alla cura della chiesa e l’ha fatto talmente bene da farla considerare da tutti la più bella della città.
Con il mio pensionamento queste due suore mi hanno seguito al Don Vecchi continuando a spendersi in questa nuova esperienza pastorale tutta da inventare. Ora suor Michela, ormai novantenne, ha dovuto arrendersi, anche se non completamente, perché continua a soffrire e a pregare per il “regno dei cieli” e suor Teresa, che non ama che si parli della sua età, continua la sua “battaglia” aiutando la consorella quasi inferma, interessandosi in maniera attiva della “cattedrale tra i cipressi”, ricoprendo il ruolo di presidente dell’associazione “Vestire gli ignudi”, impegnandosi come tappabuchi da mane a sera al Don Vecchi, curando i miei malanni, perché io sembro una solida “roccia” ma in realtà sono una roccia friabile e per evitare che mi sgretoli brontola da mattina a sera di non trascinare i piedi, di stare diritto, di non mangiare dolci, di non impegnarmi troppo, di guardarmi da chi non tiene conto della mia età, di chiudere la finestra, di rilassarmi e via di seguito!
Ho tentato più volte, e continuo a tentare, di ricordarle la mia data di nascita: 15 marzo 1929 e la mia volontà di compiere il mio dovere fino alla fine ma da quell’orecchio pare non ci senta proprio per nulla e così continua imperterrita con le sue prediche che sono più noiose di quelle dei preti. D’altronde quando penso a Nino Brunello, il maestro di violino, che a 97 anni suonati accompagna con la sua musica due volte alla settimana tutte le liturgie che celebro, come posso prendere in considerazione le lagne di questo “grillo parlante”?