Qualche giorno fa ho letto la testimonianza di una certa Monica, residente a New York, che ci offre questo semplice ma edificante esempio di fede. Questa cristiana della grande metropoli racconta che ad un’amica che le chiedeva consiglio perché tormentata da un dubbio, rispose suggerendole di pregare. Al che questa soggiunse: “Ma come?” ed ella continuò: “Ci sono tanti motivi per farlo; nel corso degli anni ho pregato nei momenti felici per gratitudine e in quelli dolorosi in cerca di aiuto e consolazione. Ho compreso che non esiste un metodo particolare, un metodo che funzioni meglio degli altri e che una breve preghiera di “pronto soccorso” – Dio aiutami – è egualmente efficace di un salmo recitato in Chiesa in ginocchio!”. Questa signora ha proprio ragione: anch’io ho fatto la medesima esperienza. Al mattino recito il breviario, poi vado ad aprire la “mia Cattedrale” e quando passo davanti al Tabernacolo il cuore mi spinge a pronunciare, davanti al segno della presenza di Gesù nel nostro mondo, questa preghiera di “pronto soccorso” – Mio Dio e Signor mio – e neppure quando, qualche ora dopo, officio la Santa Messa riesco a raggiungere questa intensità di comunione col Signore. Spessissimo, quando recito le tantissime e bellissime formule di preghiera non raggiungo la stessa intensità di comunione con Dio che avverto quando recito implorante la piccola e cara “preghiera” che la signora americana ha definito tanto bene chiamandola preghiera di “pronto soccorso”.