Accelerazione sulla promozione del laicato

Sono decenni che sento parlare della promozione del laicato. Qualcosa s’è fatto, soprattutto a livello teorico, però se tutto dovesse dipendere da noi, credo che nella Chiesa ci vorrebbero almeno altri cent’anni perché ai laici cristiani sia concesso di assumersi i ruoli che potrebbero e dovrebbero svolgere all’interno della stessa.

Per fortuna, e per grazia di Dio, la realtà – ossia la diminuzione costante del clero – ci costringe a fare quello che dovremmo fare per scelta e per coerenza ideale. Perfino in politica – che è tutto dire – si è ricorsi a dei professionisti del settore per tentare di raddrizzare l’economia del Paese.

Pur vivendo ai margini della vita diocesana mi capita di vedere delle castronerie veramente gravi a livello economico e gestionale, perché finora non s’è mai avuto il coraggio di chiedere ad un laico preparato, piuttosto che ad un prete incapace, di gestire il patrimonio e gli affari economici della comunità cristiana.

Ora, essendoci sempre meno preti, bongré o malgré, presto si sarà costretti a fare quello che a parole s’è detto che era giusto fare. Questo vale per tutti gli aspetti della vita ecclesiale, ma in particolare pare estremamente urgente si debba farlo a livello amministrativo.

Ultimamente si è venuti a conoscenza di sbagli veramente gravi che hanno portato allo sperpero significativo di denaro che avrebbe potuto essere impiegato in maniera più assennata per la carità.

Il “don Vecchi” è in mano quasi totalmente ai laici e finora essi hanno gestito da volontari in maniera intelligente e positiva un patrimonio assai consistente. Il prete, semmai si deve riservare il ruolo di “bandiera”, di colui che prospetta utopie e predica il Regno a tutti i livelli.

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