Che gioia vedere i fiori del domani al don Vecchi!

Nella “cultura”, o meglio, nell’opinione pubblica degli operatori sociali del settore della terza e quarta età, è diffusa la convinzione che le case di riposo siano un ghetto in cui gli anziani sono tagliati fuori dalla vita.

Credo che questa idea non sia per nulla sbagliata. Più di una volta mi è capitato di percorrere la fondamenta di Cannaregio, dove si possono vedere ancora, nel “sottoportego” che conduce al vecchio ghetto, i segni dei cardini dei cancelli con i quali, ai tempi della “Serenissima” i veneziani alla sera chiudevano la numerosa comunità degli ebrei che vivevano e trafficavano a Venezia.

Le portinerie delle case di riposo per gli anziani, anche se non hanno cancelli con lucchetti, ma pulsanti con apriporta elettrici, non sono dissimili dai ghetti nei quali un tempo le varie città d’Italia e d’Europa rinchiudevano gli ebrei della diaspora.

Fortunatamente, non per caso, ma per scelta lucida e cosciente, al “don Vecchi” le cose non stanno così; le porte, al solo comparire di una persona che vuole entrare od uscire, si aprono elettronicamente senza dover chiedere il permesso a nessuno. Il don Vecchi è come la bocca di porto, attraverso cui l’acqua delle maree entra ed esce liberamente ogni giorno. Infatti c’è un viavai di amici, di famigliari, di grandi e di piccoli, per cui il nostro “borgo” è intercomunicante con la città, uno dei suoi quartieri, connesso fisiologicamente con il resto della comunità cittadina.

Qualche settimana fa però, quando don Gianni, il nuovo giovane parroco di Carpenedo, ci ha portato una sessantina di bambini del catechismo con i relativi genitori, per un incontro nella “sala dei trecento”, mi è parso che il nostro “borgo” sia diventato una delle tante città d’arte visitate dalle scolaresche in gita scolastica. M’è parso di sentire quel “profumo d’infanzia” che da tanto non avvertivo: corse, spinte, esclamazioni, richiami, sgambetti, osservazioni stupite.

I fiori di campo di primavera offrono un incanto che non si può paragonare neppure a quello delle fiorerie di lusso. I bambini non sono soltanto i virgulti del domani, ma rappresentano la primavera, la festa della vita, il sogno che si cala nel quotidiano. Peccato che il nostro mondo, solamente preoccupato del benessere, riservi sempre meno spazi per questi fiori che ingentiliscono la vita e la rendono più bella, più cara e più gradita.

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