Spesso, nei momenti di maggior onestà intellettuale, fa capolino nel mio animo un pensiero flebile, quanto mai scomodo, che mi tormenta e mi turba. Purtroppo, senza darlo a vedere anche a me stesso, lo allontano dolcemente, ripromettendomi di esaminarlo e di trovare le soluzioni del caso in momenti più opportuni, pur avendo la sensazione che questi momenti non arriveranno mai.
Ecco il pensiero che spesso mi ronza come un moscone e che non si rassegna ad andarsene: che la soluzione per una nuova pastorale e per la rievangelizzazione della cristianità non consista in nuove strategie pastorali e nel dar vita a nuove associazioni o a nuovi strumenti, ma nella conversione personale.
Oggi gli apparati della Chiesa non si può dire che se ne stiano quieti; dalle alte gerarchie alle curie diocesane o ai consigli pastorali delle grandi o piccole parrocchie, tutti si danno da fare per scoprire ed attuare soluzioni che facciano “il miracolo” di suscitare comunità cristiane vive, coerenti, presenti nel territorio ed incidenti sulla vita sociale e di generare fedeli che abbiano una coscienza ed un modo di agire da veri discepoli di Gesù.
Il mio “grillo parlante” però sta tentando, ad intervalli sempre più frequenti, di farmi capire che invece sono io a dover cambiare, ad essere cioè un vero discepolo di Gesù che testimonia fede, speranza e carità. Chiedere la conversione degli altri non è impossibile, mentre cominciare solamente ad essere il prete che Gesù descrive quando dà il mandato ai discepoli: “Partite poveri, senza vesti di ricambio e senza soldi, senza fidare sui mezzi a disposizione, ma solamente nella validità del messaggio che annunciate, accontentatevi di quello che vi danno, fatevi carica di chi soffre, annunciate che il Regno è vicino; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, questo è tanto impegnativo, terribilmente impegnativo!
I venti secoli di storia cristiana stanno a ripetermi che i segni delle catene e il sangue dei martiri hanno fatto e fanno germogliare nuovi discepoli del Regno. E la vita dei santi mi sta a ripetere che la loro testimonianza ha dato volto religioso ad un’epoca o ad un popolo.
San Francesco d’Assisi sta ancora a testimoniare la validità del messaggio di Gesù più di tutti gli apparati ecclesiastici, tutte le curie, le parrocchie e le congregazioni dei preti.
Il “grillo” è certamente scomodo, ma ha ragione!