Ho letto che durante il fascismo il duce aveva ordinato che i giornali non riportassero, o almeno dessero pochissimo rilievo, alle notizie di suicidi e in genere ai fatti di cronaca nera. Non so bene perché l’avesse fatto, forse per dare alla nazione l’illusione che il fascismo era stato capace di offrire l’età dell’oro, o semplicemente il paradiso terrestre. Comunque penso che tra i tanti demeriti, quali l’aver privato l’Italia della libertà e l’averla trascinata in una guerra rovinosa, il duce abbia avuto almeno il merito di non aver permesso che la gente fosse condizionata psicologicamente dalla descrizione morbosa di questi fatti di sangue.
E’ proprio di queste settimane che la stampa nazionale si è occupata, spargendo fiumi di inchiostro, di quel tanghero di caporalmaggiore che avrebbe ucciso la sua sposa, madre di una bambina piccola perché si era incapricciato di un’oca di soldatessa.
Il secondo fatto di sangue tra i moltissimi di cui sono pieni i giornali, per me è stato il suicidio del braccio destro di don Verzè, il sacerdote più che novantenne che ha creato il miracolo del San Raffaele, ma che non essendosi messo da parte nel tempo giusto, l’ha pure fatto naufragare in un oceano di debiti.
Il terzo episodio, a livello locale, del quale Il Gazzettino ha dato notizia, è stato quello del giovane di Martellago, bravo, timido e fragile che, bocciato agli esami di maturità, rimasto solo a casa in un momento così pericoloso per la sua personalità, mentre i genitori se n’erano andati in vacanza, si è tolto la vita.
Nonostante i miei ottant’anni, durante i quali ne ho viste di tutti i colori – per cui la mia vita avrebbe dovuto temprarmi di fronte a tutto – tutto questo mi ha indignato, amareggiato e sconvolto quanto mai.
Io spero di rientrare almeno nella fascia umana della normalità, ma quante sono le creature che sono al disotto di questa fascia e che di fronte alla descrizione dettagliata e morbosa di certi fatti di sangue, giunta in un momento di difficoltà, si sono sentiti terribilmente tentati di scegliere queste apparenti scorciatoie per risolvere i problemi inevitabili del vivere.
Per questi motivi di certo non avrò rimpianti per l’era fascista, però non mi esalto neppure per questo tipo di democrazia carente e fortemente ammalata di debolezza cronica.