Marghera ieri: operai sfruttati e una terra avvelenata

Quando leggi un saggio su certe situazioni economico-sociali di tempi non lontani, o sulle evoluzioni a livello sindacale, che riguardano le condizioni di lavoro di un passato, che a te pare recente, ma che in realtà riguarda fatti di mezzo secolo fa, annoti in maniera distaccata l’evolversi della società, altro però è apprendere dalla viva voce di un protagonista di quelle situazioni e di quei tempi.

Qualche giorno fa ebbi modo di scambiare qualche opinione con un mio vecchio parrocchiano, in pensione ormai più di vent’anni, pur essendo più giovane di me, chiacchierando venne fuori la Marghera dei suoi tempi. Mentre egli mi raccontava la vita in stabilimento, confrontavo i suoi ricordi, quanto mai vivi, con la Marghera dei nostri giorni, ridotta ormai a cimitero abbandonato del polo industriale, che il conte Volpi aveva fatto nascere sulla gronda lagunare e che determinò lo sviluppo economico sociale di Mestre e dell’intero interland.

Il mio amico, era entrato in fabbrica, alle Leghe Leggere, a quattordici anni, in quello stabilimento lavoravano allora cinquemila operai, quando ne è uscito, con 35 anni di lavoro, gli operai rimasti erano ridotti a 250; ora penso che delle Leghe Leggere siano rimasti, come lapidi tombali, solamente qualche capannone annerito dal fumo dei laminatoi in completo abbandono.

“Ai miei tempi, ci davano 15 minuti per il pranzo. Quando andavo al bagno un contatore registrava i minuti di permanenza perché si dovevano recuperare!”
“Guai fumare una sigaretta!”
Marghera, un mondo ormai scomparso e sepolto nei ricordi dei superstiti. Spremuti come limoni gli operai, avvelenato per secoli il terreno della gronda della nostra laguna, il capitalismo sì è spostato, per sfruttare altri poveri del terzo mondo ed avvelenare altre terre vergini di altri paesi.

Ancora una volta la ricerca del benessere di pochi, semina rovina e morte per molti.

La redenzione, pare quasi non ancora cominciata in questo importante e vasto settore della vita!

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