Più di una volta avevo incontrato nei corridoi, spesso affollati del don Vecchi, due giovani, un ragazzo ed una ragazza che venivano a trovare i loro vecchi genitori, che un po’ come tutti gli anziani del don Vecchi, erano acciaccati e traballanti.
Io poi abito in un alloggio la cui porta si affaccia nel “corso” principale della struttura, una specie di corso del Popolo o di viale Garibaldi per i quali passa tantissima gente.
Si solito un cenno di saluto e nulla più.
Al don Vecchi siamo decine e decine di persone che ogni giorno transitano all’interno del “borgo”.
Spesso è gente frettolosa, che tornando dal lavoro dà un saluto al proprio vecchio o gli porta un po’ di provviste e poi torna sollecito alla sua famiglia o alle sue cose.
Gli addetti ai rapporti con i residenti mi avevano più di una volta informato che quei figlioli avevano molta attenzione per i loro vecchi genitori, li aiutavano nelle loro difficoltà, che non erano proprio poche.
Non sempre avviene tutto questo, però fortunatamente non è raro che dei figli abbiano, pure tra le tante incombenze della vita d’oggi, queste premure per i loro genitori.
Il babbo di questo giovane era ammalato da tempo, pareva che la situazione si fosse stabilizzata, senonchè, non so per quale motivo s’è rotto questo equilibrio precario, fu necessario il ricovero in ospedale e in pochi giorni egli è venuto a mancare.
Questi due figli sono venuti a trovarmi prima del funerale, hanno parlato quasi sempre loro. Nell’oretta che abbiamo passato insieme, come in un film ho preso conoscenza della vita di questa creatura e di questa famiglia.
Mi è stata tanto cara questa conversazione pacata, in cui ho preso conoscenza delle vicende di queste vite, con gli aspetti belli e quelli meno belli come avviene per tutti.
Quanto sarebbe opportuno che ci ritagliassimo degli spazi per il dialogo, per la confidenza, per l’incontro!
Se conoscessimo un po’ di più le nostre vicende, i nostri rapporti sarebbero certamente più caldi, più umani e più fraterni, li comprenderemo molto di più e forse ci daremmo meglio una mano a superare le difficoltà che non mancano mai.
Noi, uomini del nostro tempo, viviamo a stretto contatto di gomito, da mattina a sera con centinaia di uomini e donne, ma spesso, come afferma uno scrittore d’oriente “pare che tra noi e il prossimo che ci divide la muraglia cinese”.
Purtroppo ciò è vero!
Sono già felice che tra me e quei due ragazzi non ci sia più la muraglia, l’abbiamo abbattuta, come il muro di Berlino, soltanto con un’ora di confidenze!