Come non posso seguire con attenzione e preoccupazione emotiva la vicenda di una comunità in cui ho vissuto i miei migliori 35 anni di vita e alla quale ho dedicato ogni mia risorsa?
Al mercoledì esce “Lettera aperta”, il periodico che ho fondato nell’ottobre del 1971, una settimana dopo aver “preso possesso” della parrocchia.
A Carpenedo la contestazione del ’68 giunse un po’ in ritardo, era la coda di quel fenomeno così radicale, da un lato devastante e dall’altro purificatore, della società e della Chiesa in tutte le sue articolazioni. Sapevo che in parrocchia era forte e gagliardo il vento di contestazione, soprattutto tra i giovani, e sapevo pure che qualcuno aveva sparso la voce che io ero un conservatore. Presi “il diavolo per le corna” e nella prima predica dissi chiaramente e con forza che io ero della Chiesa di Paolo sesto, il pontefice “regnante” d’allora.
Il giorno dopo una delegazione di giovani che aveva capito fin troppo bene l’antifona, venne a chiedere di trasformare la messa delle 10 in assemblea pubblica per dibattere i problemi della parrocchia. Rifiutai e fu guerra, una guerra per cui mi dissero che se anche mi avessero sparato l’avrebbero fatto per il bene della comunità e se io avessi costruito il patronato, essi l’avrebbero distrutto. Capii immediatamente che dovevo crearmi uno strumento per parlare alla comunità ed oppormi a certe tesi che giudicavo pericolose.
La domenica dopo usciva il primo numero di “Lettera aperta” col sottotitolo: “Settimanale con il quale il parroco parla alla comunità”.
“Lettera aperta” fece fortuna e si impose all’attenzione non solo della parrocchia, ma della città e i sessantottini di Carpenedo si dissolsero presto come neve al sole.
Don Gianni, il parroco attuale, pure lui tiene ben stretto nelle sue mani il periodico, ma lo fa con stile diverso, di certo meno polemico e meno angoloso del mio. Il pensiero corrente e l’opinione pubblica è ora molto diversa da quella del mio tempo.
Qualche settimana fa però, egli pubblicò un corsivo di una parrocchiana, a mio avviso integrista, amaro e sprezzante. Non riuscii a capire perché l’avesse pubblicato. La settimana dopo però don Gianni è intervenuto personalmente per ridimensionare l’intervento precedente che rappresentava lo scontro, oltre che fra la generazione al tramonto e quella all’aurora, tra modi di pensare estremamente diversi, anzi contrapposti. La settimana successiva ancora, forse per bilanciare le tesi contrapposte, il giovane parroco pubblicò un altro intervento di un giovane, di stile e contenuto, anche se più articolato e motivato, pure sferzante e, a mio parere, integrista.
Questo “dialogo” m’è parso né bello né costruttivo. Una volta ancora constato che l’integralismo genera altro integralismo di segno opposto. Queste cose succedono però anche in tutte le “migliori famiglie”. Mi auguro che il tutto sia segno di vitalità e di partecipazione al dibattito assai vivo nel Paese a questo proposito.
Una risposta a “Integrismo”